Riappropriamoci dello Statuto

Amiche e Amici,
il messaggio che si vuol far passare è sempre il solito: la Sicilia è la piaga d’Italia, la nazione è il bancomat dell’isola, la Sicilia prende, prende e basta!
Per anni abbiamo cercato di raccontare a Roma e all’Italia tutta la vera storia, senza mai riuscire.
Finalmente la Corte dei Conti mette un punto alla vicenda e ci riconosce, per quello che ci spetta, come vittima.
Noi Siciliani siamo colpevoli di aver utilizzato strade non sempre chiare per far fronte alle esigenze della nostra isola davanti alla mancanza di fondi e sussidi, ma per fortuna oggi è chiaro che la nostra scelta è stata una scelta dovuta, di necessità. Abbiamo cercato la soluzione più veloce per ovviare al problema, senza aver mai avuto di risolverlo alla radice.

E sapete qual è il fatto positivo della vicenda? È emerso che la Sicilia, secondo la Statuto Speciale, avrebbe diritto nel 2014 a circa 50,2 milioni, da destinare alle casse regionali per risanare il territorio a livello fiscale e finanziario.
Questi soldi, i nostri soldi, dove sono?
Secondo quale principio ciò che è scritto nello statuto non viene applicato?
Se si riferisse ad una norma nazionale, saremmo caduti nel baratro dell’anticostituzionalismo. Siamo alla follia!
L’applicazione (e il rispetto) dello Statuto porterebbe un benessere economico con cui poter rilanciare la regione, riqualificare il territorio, esportare il made in Sicily nel mondo, garantire incentivi e sgravi fiscali a chi sceglie di scommettere sul fare impresa oggi, assicurare borse di studio e agevolazioni ai giovani che costruiscono un futuro oggi, qui in Sicilia.
Ne abbiamo già parlato molte volte, Amici Siciliani, ma non possiamo smettere di farlo.
È nostro preciso diritto poter godere di una legislazione normale nella nostra terra e che quello che ci spetta, né più, né meno, ci venga dato.
Come possiamo ripartire, se facciamo fatica a restare a galla?

Quello che fa sorridere è che oltre ad essere additati come sanguisughe e non poter godere di un diritto come quello dello Statuto, siamo anche stati privati di oltre 585 milioni di euro.
Questi fondi servivano ad aiutare le imprese ed erano destinati a riqualificare le infrastrutture.
Che fine hanno fatto?
Sono finite nelle casse di Roma ladrona sotto la voce “accantonamenti tributari”.
Il tutto in modo affatto trasparente, impedendo alla Sicilia non solo di godere del diritto di “leale collaborazione” tra stato e regione, ma anche costringendo l’isola ad ovviare alle mancanze di fondi in modi difficilmente tracciabili.

Cosa evinciamo da tutto questo?
La Sicilia è responsabile solo in parte della sua disastrosa e affannata situazione. Dalla capitale, anziché darci il sostegno necessario, si pensa solo ai propri tornaconti.
Un’azione necessaria sarebbe quella di ripristinare un assetto ai piani alti e a prevedere un impianto pianificato di aiuti alla Sicilia, in una prima fase di sostegno, dopodiché di agevolazioni per favorire il rilancio.
Dal momento che non possiamo limitarci ad attendere e sperare che qualcosa accada, organizziamoci.
Mobilitiamoci, organizziamo incontri, pianifichiamo una strategia e coordiniamoci.
Ognuno di voi può prestare il suo contributo: proposte, idee e supporti sono ben accetti.
Dobbiamo essere la forza propulsiva del cambiamento necessario alla nostra isola.
Se vi va, supportateci.
Il prossimo 21 novembre ci incontriamo a Catania per parlare di tutte i problemi che affliggono la nostra isola e trovare insieme soluzioni concrete da attuare nel breve termine.
Aspettiamo anche te! Non mancare!
Il futuro della Sicilia, il tuo futuro, non possono attendere! #InsiemeSiPuò